Arrivata in piazza, la comitiva s’accorse che questa era quasi piena. Dagli altri paesi, tuttavia, erano giunte soltanto poche persone, forse perché tutti aspettavano la più interessante serata del sabato. La gente passeggiava in diverse zone della località, dalla rotonda piazzetta in cemento armato sino all’antica Chiesa campestre, tenuta aperta e ben illuminata per permettere ai ritardatari di rivolgere le loro preghiere al Santo.
Nelle vecchie case in pietra, un tempo abitazione di pastori o rifugio di banditi, erano stati allestiti i bar. I tavolini e le sedie erano già stati occupati dai clienti che, coi bicchieri colmi di vino o birra, erano illuminati dalla calda luce delle lampadine elettriche. Intanto sul palco si preparava l’esibizione dei “tenores” e tutto era quasi pronto. “Su comitadu pro su Santu” (3) si dava un gran da fare, perché ogni suo membro era ben consapevole dell’importanza del proprio incarico, molto rispettato nel paese.
Le bancarelle erano molte e di svariati tipi. C’erano quelle in cui si vendevano torrone e dolci, quelle di giocattoli, di cassette musicali (qualcuna, per la verità, abbastanza “datata”) e quelle dove si potevano vincere dei pupazzi di varie grandezze grazie a dei giochi d’abilità. I padroni di questi piccoli esercizi arrivavano dai paesi della Barbagia, della Baronia e da altri luoghi distanti anche molti chilometri.
I ragazzi andarono verso il bar più vicino alla piazza, e occuparono uno dei tavolini posti all’esterno di una delle antiche case in pietra. All’interno stavano diverse persone e tra queste Salvatore notò anche Franco e Giovanni, che discutevano animatamente insieme a Gianni, il robusto padrone del bar. Mentre Giuseppe, Attilio e tutti gli altri continuavano a divertirsi raccontandosi le loro vecchie vicende, Salvatore guardava di soppiatto Franco, che appoggiato al bancone aveva assunto un atteggiamento deciso e spavaldo. Quanto gli sembrava diverso ora il suo vecchio amico… Pareva più serio e maturo, quasi invecchiato, con quel suo nuovo e strano atteggiamento. Senza capirne la ragione, l’osservarlo dava a Salvatore una singolare impressione, che lui stesso non riusciva a spiegarsi. I due all’improvviso si guardarono negli occhi ed entrambi non poterono fare a meno di sorridersi vicendevolmente, forse memori in quella frazione di secondo dei tanti bei ricordi che condividevano. Franco con un gesto della mano invitò Salvatore ad avvicinarsi ed egli, prima di farlo, avvisò gli altri che sarebbe restato al bancone per qualche minuto.
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I ragazzi andarono verso il bar più vicino alla piazza, e occuparono uno dei tavolini posti all’esterno di una delle antiche case in pietra. All’interno stavano diverse persone e tra queste Salvatore notò anche Franco e Giovanni, che discutevano animatamente insieme a Gianni, il robusto padrone del bar. Mentre Giuseppe, Attilio e tutti gli altri continuavano a divertirsi raccontandosi le loro vecchie vicende, Salvatore guardava di soppiatto Franco, che appoggiato al bancone aveva assunto un atteggiamento deciso e spavaldo. Quanto gli sembrava diverso ora il suo vecchio amico… Pareva più serio e maturo, quasi invecchiato, con quel suo nuovo e strano atteggiamento. Senza capirne la ragione, l’osservarlo dava a Salvatore una singolare impressione, che lui stesso non riusciva a spiegarsi. I due all’improvviso si guardarono negli occhi ed entrambi non poterono fare a meno di sorridersi vicendevolmente, forse memori in quella frazione di secondo dei tanti bei ricordi che condividevano. Franco con un gesto della mano invitò Salvatore ad avvicinarsi ed egli, prima di farlo, avvisò gli altri che sarebbe restato al bancone per qualche minuto.
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