lunedì 21 gennaio 2008

Il bar del paese

Questo bar, che si trovava nella via principale del paese, era stato un luogo d’incontro per i ragazzi d’ogni età. In tanti possono dire d’esserci cresciuti, nel bel mezzo della sua oscurità, del suo fumo e dei suoi videogiochi. Zia Rosetta era una signora sulla settantina, ma a condurre il bar erano principalmente i suoi tre bruschi figli: Mario, Antonio e Giovanni. Quando Salvatore era più piccolo, come tanti altri bambini era attratto dai videogiochi che stavano nella piccola stanza nel retro del locale. Poiché ogni partita costava duecento oppure trecento lire, i ragazzini potevano permettersi di restare tutta la sera a giocare con pochi spiccioli. Tante volte la madre di Salvatore, convinta di mandarlo alla Santa Messa della Domenica mattina, gli dava la paghetta settimanale. Il bambino la ringraziava, la salutava, poi con passo sempre più rapido s’affrettava non alla Messa, ma piuttosto nell’inquietante sala videogiochi del bar. Inizialmente non vi trovava nessuno, poi col passare delle ore la sala cominciava a riempirsi sempre di più, e in un solo gioco si potevano contare talvolta sei o sette ragazzini che con agitazione seguivano le avventure virtuali di qualche loro amico.
Soltanto con approssimazione Salvatore potrebbe calcolare le somme che in tanti lasciarono in quelle macchine, ma ricorda con malinconia i numerosi videogiochi in cui fu protagonista indiscusso. Dal primo, un gioco del calcio in cui gli atleti erano degli strani robot che sputavano fuoco (?), sino a quelli che avevano come protagonisti dei cavalieri o quelli di formula uno, tutti in un modo o nell’altro l’avevano trasportato in altri mondi, in quei interminabili pomeriggi domenicali. Una sensazione simile il giovane manovale la provava soltanto per i vecchi cartoni animati. Quello di Salvatore è un sentimento che accompagna la mia generazione, divisa tra i vecchi giochi dei nonni e i moderni divertimenti supertecnologici.
Una delle cose più buffe è che tra i ragazzini si spargevano continuamente le voci di grandissime imprese, e per qualche tempo i bravi giocatori erano considerati quasi come degli autentici eroi. Tutto ciò sarebbe durato sino a quando qualcuno non batteva il loro primato, che poteva durare anche diverse settimane.
Ora quella piccola sala, in cui in tanti impararono loro malgrado anche le dure leggi della strada, non esiste più perché la struttura del bar è stata rivoluzionata. Nel bar di zia Rosetta c’è un piccolo palchetto, dove ci sono ancora dei videogiochi. Tutto è sicuramente più bello, e i padri possono guardare giocare i loro figli sin dalla porta del bar. Salvatore, tuttavia, era ancora affezionato a quella piccola e fumosa saletta nascosta nel retro. Quello era un mondo parallelo, in cui erano ammessi soltanto coloro che riuscivano a strappare il diritto di starci a suon di calci e schiaffoni.

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